Crisi senza fine per l'industria triestina, Zinnanti: "Occorre agire presto e bene"
| Redazione sport | Commento del giorno

CRISI SENZA FINE: C'E' ANCORA UN FUTURO PER L'INDUSTRIA TRIESTINA?
Il dubbio è amletico: la serie delle crisi industriali giuliane si allunga, non se ne vede la fine, al punto che appare lecito chiedersi cosa diavolo stia succedendo al mondo delle imprese locali.
Tirso, Flex e U-Blox ( ma anche i problemi di Wartsila e Arvedi): ecco i nomi delle aziende triestine (con il corredo di oltre 700 posti di lavoro in ballo) che tra chiusure improvvise ed improvvide cessioni d'azienda fanno temere il definitivo tracollo del comparto produttivo locale, con conseguenze nefaste sull'intera economia giuliana, la cui realtà è ben lontana dalla situazione ideale che, come insegnano le più celebri teorie economiche, dovrebbe vedere, per garantire la tenuta del sistema, un trenta per cento di occupati nel settore industriale. Come noto, quella soglia la provincia triestina se la scorda oramai da decenni ed oggi, con i recenti chiari di luna, appare già un successo tenere quota "dieci per cento", ovvero il minimo sindacale per sostenere che esiste ancora un comparto industriale nella nostra città.
Se questo è il quadro (fosco) che si è sempre più rafforzato negli ultimi mesi, vediamo di fare un po' d'ordine ricostruendo, sinteticamente, le varie vicende aziendali, a cominciare da quelle aperte e risolte nel giro di qualche settimana
WARTSILA E ARVEDI: TENSIONI RIENTRATE
Tra la fine 2024 e le prime settimane del 2025 si aprono due vertenze sindacali in realtà aziendali (come quelle di Arvedi e Wartsila) che apparentemente avevano appena definito, attraverso atti formali, un percorso di sviluppo e consolidamento per le attività e per i lavoratori rimasti a presidiare gli stabilimenti presenti nell'area giuliana.
Per quanto riguarda l'acciaieria Arvedi, è novembre scorso quando i sindacati lanciano l'allarme per una serie di impegni, dilazionati o non mantenuti, da parte della proprietà dello stabilimento. Dopo aver minacciato di ricorrere allo sciopero, i sindacati sono ricevuti dall'amministratore delegato Caldonazzo che tranquillizza gli animi confermando l'investimento di tre milioni di euro per la costruzione di nuovi edifici che ospiteranno mensa, spogliatoi e uffici con lavori che dovrebbero essere stati già avviati. Al fine di evitare altre "perturbazioni" nelle relazioni sindacali viene chiesta e ottenuta l'attivazione di un tavolo tecnico di confronto che monitori i lavori. Dunque pace fatta e garanzia del mantenimento e dello sviluppo del laminatoio "a freddo" che oggi occupa 400 persone. L'unica perplessità resta in merito ai lavori da fare per il ripristino della banchina siderurgica: la gestione è passata da tempo a Logistica Giuliana (controllata da Hhla) ed Arvedi ritiene che, fermo restando il suo interesse ad utilizzarla, i relativi oneri debbano essere posti in capo al gestore. Vedremo come andrà a finire, anche se sul punto gradiremmo conoscere l'avviso dell'Autorità di sistema portuale.
Quanto a Wartsila, i sindacati si sono mossi tempestivamente non appena l'azienda (disconoscendo l'impegno preso di non toccare i livelli occupazionali fino al 2027) aveva manifestato l'intenzione di esternalizzare l'attività di Technical Information (ovvero la redazione di manuali di gestione e di manutenzione dei motori prodotti) al gruppo indiano Larson & Toubro con 120 dipendenti a rischio in tutto il gruppo, di cui 23 a Trieste. L'immediata reazione da parte di tutti i soggetti istituzionali sottoscrittori dell'Accordo di programma (che aveva definito la vicenda relativa alla chiusura dell'attività produttiva dello stabilimento di Wartsila con il contestuale riassorbimento di tutti i 261 esuberi nella nuova società Innoway che produrrà carri ferroviari merci) ha portato Wartsila a più miti consigli, con l'immediata revoca della decisione di esternalizzare il reparto Technical Information, ma anzi ribadendo la volontà di attuare il piano industriale Re-start per la conversione di motori diesel a nuovi carburanti. Dunque, anche su questo fronte, la città può tirare un bel respiro di sollievo, anche se, a onor del vero, desta qualche perplessità il continuo turn-over tra i quadri dirigenti di Wartsila Italia (qualcuno in direzione della nuova Innoway) che pare porre qualche problema in ordine al mantenimento in continuità di tutti gli impegni presi in sede di Accordo di programma.
IL CASO TIRSO
Qui la situazione appare chiara, dopo alcuni tentennamenti e vani tentativi di salvaguardare l'attuale attività produttiva. Infatti, la proprietà ha manifestato la volontà di chiudere con l'attività di produzione tessile (rivelatasi non remunerativa) e, nell'attesa di perfezionare la trattativa in corso per la cessione dell'azienda al gruppo Roncadin, ha presentato istanza al ministero del lavoro per chiedere il rinnovo fino a settembre 2025 della cassa integrazione per cessazione dell'attività per tutti i 169 dipendenti della fabbrica. Dunque, in questo caso, c'è tutto il tempo per perfezionare il subentro del gruppo Roncadin con tutte le cautele del caso, atteso che l'azienda subentrante opera nel food, ovvero in un settore completamente diverso dal tessile e che pertanto si tratta di un'operazione complessa sia a livello di nuova impiantistica che andrebbe installata nello stabilimento al posto di quella attuale, sia in termini di riqualificazione professionale del personale dipendente. Staremo a vedere come si evolverà la situazione che sembra attualmente sotto controllo, ma che non vede ancora la formalizzazione di una felice conclusione.
U-BLOX E FLEX: LO SPETTRO DELLA CHIUSURA
Partiamo dall'ultima arrivata, nella sfilza delle crisi aziendali dell'area triestina. L'anno era appena iniziato da qualche settimana quando la multinazionale U-Blox (specializzata nel campo dei dispositivi a semiconduttori per sistemi elettronici nel settore della localizzazione e della comunicazione wireless per il mercato dei beni di consumo, dell'industria e dell'automotive) ufficializza la propria decisione di dismettere il ramo internazionale delle telefonia cellulare, con conseguente chiusura dello stabilimento di Sgonico dove 197 dipendenti lavorano nell'ambito della ricerca e sviluppo proprio nel settore della telefonia cellulare. La multinazionale, fino a questa inaspettata doccia fredda, sembra contare su spalle solide, con un fatturato 2023 di 613 milioni di euro, un risultato negativo come gruppo di soli 9 milioni di euro e 1.300 dipendenti sparsi in tutto il mondo. La sorpresa e lo sconcerto sono grandi, atteso che le ultime assunzioni risalgono solo ad un anno fa e che il settore, a quanto risulta, non sembra soffrire crisi di sorta. Le istituzioni (regione in primis) e le categorie scendono immediatamente al fianco dei sindacati e dei lavoratori e cercano di capire quale sia l'interlocutore giusto per tentare di intavolare una seria trattativa a salvaguardia di un'unità produttiva sinora considerata strategica e di tutti i suoi occupati.
Ancora più tragica, se possibile, la situazione della Flex (scoppiata ormai parecchi mesi fa) e che nelle settimane scorse ha avuto un'improvvisa accelerazione, come accertato nel recentissimo tavolo ministeriale. In quella sede,infatti, i vertici della Flextronics hanno confermato la vendita dello stabilimento triestino (e dei 350 dipendenti, di cui 302 coperti per ora da contratto di solidarietà) al piccolo fondo tedesco FairCap, in teoria specializzato nelle ristrutturazioni aziendali, ma che finora si è presentato ai tavoli senza uno straccio di piano industriale e senza alcuna prospettiva concreta di riassorbimento di tutti e 350 dipendenti in forza allo stabilimento giuliano. Da notare, tanto per far capire il clima che si è instaurato, che fino a qualche settimana fa la multinazionale Flextronics aveva assicurato tutti gli attori del tavolo di crisi sulla volontà di trovare nuovi clienti all'impianto giuliano in sostituzione della Nokia, ma poi ha cambiato completamente rotta e, fregandosene di tutte le pressioni istituzionali nonché delle reiterate richieste di interloquire con altri potenziali acquirenti interessati a rilevare l'azienda, ha deciso in totale autonomia (disattendendo qualunque principio di "responsabilità sociale") di procedere velocemente e completamente al buio alla vendita, senza alcuna reale prospettiva sia di continuità dell'attività produttiva che di mantenimento dei livelli occupazionali. Tale posizione ha, inevitabilmente, provocato le durissime reazioni non solo da parte sindacale ma anche da parte istituzionale (ministeriale e regionale) e della Confindustria regionale che hanno congiuntamente parlato di "macelleria sociale", "barbarie nelle relazioni industriali e becera presa in giro alle istituzioni e a 350 famiglie". E ora come se ne esce?
LA MOBILITAZIONE DELL'8 FEBBRAIO
Innanzitutto, scendendo in piazza l'8 febbraio tutti insieme: cittadini, lavoratori, sindacati, datori di lavoro e istituzioni ricreando quella "santa alleanza" che ha giocato un ruolo importante anche nella soluzione della crisi della Wartsila e che dovrà far sentire il deciso e secco "NO" di un'intera città a qualsiasi ulteriore depauperamento del tessuto produttivo giuliano. In secondo luogo, vanno create rapidamente le condizioni, insieme al governo e alle maggiori aziende del settore italiane, per ricreare un polo nazionale delle telecomunicazioni che, abbandonando una volta per tutte la pericolosa strada delle multinazionali, sia in grado di fornire concrete prospettive di consolidamento e sviluppo a realtà produttive strategiche di questo settore quali indubbiamente sono U-Blox e Flex. Auspichiamo che questa via venga percorsa celermente e che i rappresentanti regionali nell'esecutivo nazionale (ovvero la sottosegretaria alla finanze Sandra Savino e la viceministro dell'ambiente e sicurezza energetica Vannia Gava), nonché il presidente della regione Fedriga facciano recapitare, in maniera forte e chiara, questo duplice messaggio ai vertici del governo nazionale: visto il clima che si è creato, non sono più ammessi né rinvii, né tentennamenti. Occorre agire presto e bene, altroché "magico momento" che sta vivendo la nostra splendida città!!
Mauro Zinnanti
Parole chiave: Primo piano, Trieste