Il tema del lavoro nel corteo del Primo maggio, Zinnanti: "Preoccupazione diffusa"
| Redazione sport | Commento del giorno
PRIMO MAGGIO 2025: PER UN LAVORO SICURO, EQUO E DIGNITOSO.
Ebbene sì. In una giornata baciata da un meteo quasi estivo ho dato anch'io la mia convinta adesione al corteo sindacale del Primo maggio, mescolandomi volentieri in mezzo ad una folla (davvero notevole per le piazze triestine) molto variegata e che ha visto camminare fianco a fianco l'illustre politico, lo studente, il lavoratore ed il pensionato. Al contrario di altre occasioni, ho potuto notare la presenza significativa di ragazze e ragazzi nei quali, evidentemente, il tema del lavoro suscita ancora attenzione, partecipazione e preoccupazione. Certamente l'occasione, almeno durante il corteo, era quella di una marcia colorita e festosa che da Campo San Giacomo ha portato il lungo ed affollato serpentone sino a Piazza Unità ma lo stare insieme, sino al comizio sindacale di chiusura, è servito anche a conoscersi meglio, a scambiarsi qualche seria riflessione sulla condizione attuale del lavoro e dell'economia nella nostra città.
Il quadro che ne è uscito, almeno per quanto ho potuto cogliere, è quello di una preoccupazione diffusa sia tra i giovani che tra i più "maturi" a fronte di una realtà economica, vissuta quotidianamente sulla propria pelle, che non combacia, nella narrazione comune, con i toni entusiastici usati proprio nell'occasione dalla presidente del Consiglio in una comunicazione "amichevole" via social.
Vediamo di concentrare la nostra attenzione sui due macro temi sui quali si è concentrata l'attenzione del mondo del lavoro in questo Primo maggio ovvero la sicurezza sul lavoro ed il lavoro equo e dignitoso.
LA SICUREZZA SUL LAVORO, QUESTA SCONOSCIUTA.
Era stato proprio il capo dello Stato, Sergio Mattarella, a lanciare, alla vigilia della ricorrenza, l'ennesimo allarme sui troppi infortuni e sulle troppe morti sul lavoro:"non sono tollerabili né indifferenza né rassegnazione. E' evidente che l'impegno per la sicurezza sul lavoro richiede di essere rafforzato. Riguarda le istituzioni, le imprese, i lavoratori. In sostanza il lavoro non può essere morte ma solo dignità per tutti". Il presidente ha certamente ragione visto che i numeri nei primi due mesi certificano ben 97 morti sul lavoro in Italia con una crescita del 6,6% rispetto all'anno precedente. Il tema è talmente ineludibile che la stessa presidente del Consiglio lo ha toccato nel suo intervento e, quasi facendo il verso alle parole di Mattarella, ha affermato:"serve un'alleanza tra istituzioni, sindacati, associazioni datoriali per mettere la sicurezza sul lavoro in cima alle priorità dell'Italia". Consequenziale l'impegno assunto, a favore di telecamere, di convocare le parti sociali il prossimo otto maggio prima di formalizzare un provvedimento ad hoc sulla delicatissima tematica. Non è immune da una tensione proattiva sull'argomento, anche la nostra Regione che, cogliendo l'occasione dell'Expo di Osaka, ha presentato Virtual safety training, ovvero una piattaforma digitale sviluppata da Lef, l'azienda digitale fondata da Confindustria Alto Adriatico, che si pone la finalità di far fare un salto di qualità davvero notevole nella formazione alla sicurezza grazie all'utilizzo delle tecnologie immersive. L'iniziativa, lanciata qualche giorno fa in occasione della Giornata mondiale della sicurezza sul lavoro, consente, nelle parole del presidente Fedriga, di "sperimentare situazioni di pericolo, ma senza esporsi al pericolo stesso". Il riferimento puntuale è a situazioni di emergenza come incendi, impossibili da simulare in presenza. C'è anche anche un ulteriore risvolto di attualità nelle parole del presidente di Confindustria Alto Adriatico e Lef, Michelangelo Agrusti, che ha proposto di denominare l'iniziativa Protocollo Lorenzo, in memoria dello studente Lorenzo Panelli, morto tre anni fa in un incidente in fabbrica nell'ultimo giorno di stage aziendale. Tecnicamente si tratta di una piattaforma che, come spiegato dal direttore generale di Lef Marco Olivotto, "utilizza avatar animati creati con intelligenza artificiale generativa e realtà virtuale immersiva per ricreare qualsiasi ambiente industriale e simulare situazioni di rischio altrimenti impossibili da sperimentare. Bisogna imparare facendo, come diceva Confucio; in certi casi il fare è impossibile perché troppo rischioso - non si può dare fuoco ad un impianto siderurgico per capire come viene gestita la via di fuga - ma si può replicare l'esperienza in ambiente virtuale, adattabile e senza barriere linguistiche". Staremo a vedere il seguito di questa interessante innovazione, ma di certo un suo uso "intensivo" potrebbe rappresentare un incentivo ad effettuare davvero un'attività formativa in materia di sicurezza coinvolgente ed attrattiva per ogni singolo lavoratore.
IL LAVORO EQUO E DIGNITOSO
Era stato sempre Sergio Mattarella a rilanciare l'allarme salari citando dati dell'Organizzazione internazionale del lavoro che, nell'ultimo Rapporto mondiale 2024-2025 segnala come l'Italia "si distingue per una dinamica salariale negativa nel lungo periodo, con salari reali inferiori a quelli del 2008, nonostante l'avvenuta ripresa a partire dal 2024. Questo mentre, a partire dal 2022, la produttività è cresciuta". La situazione è tale per cui gran parte delle famiglie non reggono l'aumento del costo della vita. Non solo. Vi sono poi perversi e diretti effetti dei bassi salari quali la scarsa crescita dei consumi (e quindi del Prodotto interno lordo), la fuga dei giovani migliori all'estero (attratti da condizioni di vita ed economiche non comparabili con quelle offerte dall'Italia), la difficoltà nell'accesso e nel godimento di equi trattamenti economici da parte delle donne (che subiscono un gender gap tuttora rilevante) ed infine le gravi discriminazioni nei confronti della manodopera straniera chiamata a coprire quelle posizioni e quelle mansioni che "gli italiani non vogliono più fare".
Dunque una situazione complessa originata proprio dai bassi salari e che ha trovato un'autorevole conferma nei recenti dati Istat che certificano come le retribuzioni medie contrattuali a gennaio 2025 siano inferiori dell'otto per cento rispetto a quelle di gennaio 2021 e se a questo aggiungiamo l'inflazione galoppante del biennio 2023-2024 possiamo ben affermare che la situazione è davvero difficile per tante, troppe famiglie italiane.
Come se ne esce? Il centro-sinistra è da tempo che insiste su una misura cardine come il salario minimo. Ma è evidente che da sola questa misura, pur rappresentando un sollievo per molte categorie, non basta. Qui occorre una politica di sistema che "azzanni" la questione in tutti suoi molteplici aspetti. Quanto ai giovani vanno spinti a restare nel nostro Paese offrendo non solo migliori condizioni retributive, ma anche un "sistema d'accoglienza" che offra condizioni appetibili sia in tema di alloggi a prezzi calmierati, sia per l'offerta dei mezzi di trasporto pubblico, sia investendo nel miglioramento della qualità della vita. Quanto all'occupazione femminile, occorre, probabilmente, qualche intervento normativo e qualche controllo in più per evitare qualsiasi forma di discriminazione non solo in termini stipendiali, ma anche offrendo un'adeguata rete di servizi (oggi francamente deficitaria e con progressivi ridimensionamenti quantitativi e qualitativi) che consenta alla donna occupata di scegliere, in tutta serenità, di affrontare gravidanze e figli, senza temere per il proprio futuro lavorativo.
Ancora più grave il tema delle discriminazioni a danno degli stranieri regolarmente occupati. Qui merita spendere qualche parola in più su un fenomeno, quello dell'occupazione straniera in agricoltura nella nostra regione, che riporta dati di estremo interesse. Secondo un recente studio presentato dalla Fai Cisl Fvg, nel 2024 (seguendo un trend iniziato già l'anno precedente) su un totale di 15872 occupati, il 54 % del totale, pari a 8542 lavoratori sono stranieri. Da dove provengono? Nella maggioranza provengono da Pakistan, Romania, India, Bangladesh, Albania e Marocco. Con quale tipologia di contratto vengono assunti? Qui le note sono davvero dolenti. Lo strumento più utilizzato è quello dell'appalto, che in alcuni casi diventa anche subappalto. Ecco spiegata l'attenzione particolare del sindacato sul fenomeno. Come noto, infatti, l'appalto e ancor più il subappalto costituiscono un'area grigia, al limite, se non oltre, della legalità. Sulla base di quanto illustrato dal segretario generale della Fai Cisl Fvg Stefano Gobbo il fenomeno è oramai diffuso in tutto il territorio regionale. Vi sono infatti: "pseudo imprenditori agricoli, che non hanno terra da curare, ma che assumono connazionali per svolgere lavorazioni su fondi di proprietà altrui. Il fenomeno si avvia attraverso una parvenza di regolarità formale, vale a dire con regolare contratto di lavoro, dietro al quale si nascondono, come sempre più frequentemente viene denunciato dagli stessi lavoratori, irregolarità e gravi violazioni dei diritti: sfruttamento lavorativo, mancata denuncia delle giornate lavorate (le buste paga indicano neanche un decimo delle ore effettive), mancato pagamento degli stipendi e, quando i bonifici vengono effettuati, parte del compenso deve essere restituito in contanti al Caporale". Dunque, una situazione di rilevante illegalità (per non parlare del mancato rispetto delle norme sulla sicurezza del lavoro) con evidenti incongruenze come il basso numero di ore lavorate da parte di lavoratori immigrati di provenienza pakistana o bengalese, rispetto a quelle dichiarate per lavoratori di nazionalità maggiormente integrate, come quella rumena o albanese. Le denunce si susseguono ed hanno a che fare in molti casi con lavoratori sfruttati, provenienti da Comuni che ospitano centri di accoglienza, utilizzati come centri di reclutamento (Gradisca è l'esempio più ricorrente). Le indagini delle forze di polizia sono in corso ma il fenomeno non appare in regressione. Quali rimedi? Oltre alla creazione di una banca dati ad hoc per la lotta al Caporalato, servono, anche in questo caso, politiche di sistema volte a rendere dignitosa la condizione dei lavoratori immigrati. Come correttamente sostiene la Fai Cisl, va "evitata la loro ghettizzazione, occorre invece promuoverne la convivenza e la loro integrazione, dobbiamo agire e legiferare perché a queste nuove forme di immigrazione sia data la possibilità di lavorare nella regolarità, dignità e continuità".
Analisi lucidissima, che non necessita di ulteriori commenti. Un'unica integrazione ci sentiamo di fare. Ovvero che simili fenomeni discriminatori nei confronti di lavoratori stranieri (anche se non in forme così accentuate) riguardano anche altri settori dell'economia regionale ed in particolare quello dei servizi alberghieri, dei ristoratori e dei pubblici esercizi. Ci auguriamo davvero che, oltre alle ispezioni che periodicamente vengono svolte, ci sia, da parte dei datori di lavoro, un vero e proprio salto di qualità culturale prima che professionale, nell'ottica del rispetto della dignità dei collaboratori che operano alle loro dipendenze. Il messaggio è forte e chiaro e auspichiamo che venga colto quanto prima: ne va del futuro di una parte consistente della nostra economia.
Mauro Zinnanti
Parole chiave: Primo piano, Trieste
