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Da Elena una lezione di vita, Zinnanti: "Serio rischio di disperdere il patrimonio più bello della riforma basagliana"

 |  Redazione sport  |  Commento del giorno
DA ELENA UNA LEZIONE DI VITA: SONO SCHIZOFRENICA E AMO LA MIA FOLLIA
 
Ero curioso, sì proprio curioso di vedere quanta gente avrebbe risposto, in una assolata serata di metà giugno, al curioso invito culturale del V Circolo del Pd per parlare assieme di un libro dal titolo decisamente accattivante "Sono schizofrenica e amo la mia follia".  Ebbene ad ascoltare rapiti le parole dell'autrice Elena Cerkvenic e di un brillante interprete della riforma basagliana della psichiatria italiana quale Peppe Dell'Acqua, è intervenuto un pubblico decisamente numeroso e variegato,  riempiendo la piccola sala del Circolo come da tempo non accadeva.
Un successo su tutta la linea ed un sentito ringraziamento a Carlo De Donato (segretario del Circolo) per aver organizzato questa iniziativa che, almeno negli intendimenti, sarà seguita da altre proposte culturali con l'obiettivo, alto, di tenere vivo ed attrattivo uno dei pochi presidi fisici che il Pd triestino ha mantenuto in città e per di più in un rione certamente difficile come quello di San Giacomo.
Ma torniamo agli ospiti e ai loro emozionati ed emozionanti racconti.  La prima a prendere la parola è stata proprio l'autrice Elena Cerkvenic che ha raccontato,  senza troppi giri di parole, di come la malattia mentale abbia fatto irruzione, del tutto inaspettata, nella sua vita in quel di Monaco di Baviera, della precisa sensazione di trovarsi all'improvviso a vivere in un'altra dimensione e della diagnosi di schizofrenia, con tutto il corredo di farmaci per tenere sotto controllo la malattia. Poi il rientro a Trieste, l'impatto con i Centri di salute mentale, con medici che, cambiando completamente prospettiva, erano lì per ascoltare te, la persona malata, e non la malattia. Per aiutarti a reimparare, convivendo con la mattia, a fare la tua vita di sempre. Accanto ad Elena, in questo percorso di vita possibile, il preziosissimo marito, sempre presente, sempre disposto ad accompagnare Elena nel suo percorso di vita, con il fondamentale supporto del personale del Centro di salute mentale che prima ha aiutato Elena a ritrovare fiducia in se stessa e a raggiungere un sufficiente livello di autonomia e poi è rimasto a disposizione, 24 ore su 24, per fornire quel sostegno indispensabile a superare i momenti di crisi.  Ora Elena ha ritenuto di fare cosa utile, in primis per sé stessa ma anche per tutti coloro che sono interessati ad ascoltarla, raccogliendo in un diario la propria esperienza di vita e di malattia. Da questa sua "urgenza" di narrare la propria storia è nato "Sono schizofrenica e amo la mia follia", con la postfazione di  Peppe Dell'Acqua, che ha considerato il diario talmente bello e di aiuto alla sua stessa attività professionale, da pubblicarlo quale primo  titolo per dare avvio alla collana editoriale "180". Naturalmente si tratta di una collana che ha l'evidente finalità di approfondire significato e portata di quella fondamentale riforma della psichiatria introdotta dalla Legge 180, grazie all'opera e alla pratica di Franco Basaglia. E' proprio Peppe Dell'Acqua a prendere la parola dopo Elena ed il suo intervento è ricco di aneddoti e di spunti di riflessione verso un uditorio attento e partecipe come non mai. 
A volo d'angelo ne ricordo alcuni e mi scuso sin d'ora con i presenti per averne certamente omesso più di qualcuno.  Un ricordo (che lo emoziona) ci porta  dritti al 1978, all'atto di approvazione della 180 quando, su impulso fondamentale della Ministra della sanità dell'epoca, Tina Anselmi, dopo defatiganti discussioni, l'aula trova, infine, una sintesi su un testo votato praticamente all'unanimità da tutti i presenti (tranne - rileva Dell'Acqua - da qualche epigono dell'attuale maggioranza di governo) in un momento di intensa commozione, tanto che a chi c'era sembrò per un attimo che lo Spirito Santo fosse disceso ad illuminare il loro operato. E per quanto accaduto negli anni successivi alla riforma, con l'apertura dei manicomi, il riconoscimento della personalità e dei diritti del malato, il moltiplicarsi di iniziative lavorative, culturali e ricreative, l'indispensabile supporto dei Centri di salute mentale si può certamente parlare - annota Dell'Acqua - di una delle più significative riforme messe in campo in quella difficile stagione che fa il paio con l'istituzione del Servizio sanitario nazionale, prevista dalla legge 833 sempre del 1978. Lo stesso filosofo Norberto Bobbio riconobbe pubblicamente che proprio la 180 costituisce la legge di riforma più importante introdotta nel nostro paese perché ha avuto il merito di restituire dignità e diritti alle persone malate di mente consegnando loro una vita degna di essere vissuta, con il supporto dei medici dei centri di salute mentale, ma sempre mettendo al centro l'attenzione per la persona in attuazione agli insegnamenti di Franco Basaglia: "curare senza chiudere, ascoltare senza giudicare, includere invece che isolare".   
Sembrano parole d'ordine d'altri tempi, ma, rileva Dell'Acqua, sono in realtà insegnamenti universali che, proprio nell'ottica della migliore scienza medica, pongono al centro dell'attività del medico il malato,  con tutto il suo vissuto, e non la malattia, con la finalità di recuperare una qualità del vivere accettabile per lui e per i suoi cari.  La filosofia perseguita dalla riforma ora sembra essere messa sempre più in discussione al punto che, in un recente convegno sulla salute mentale, è stato lanciato un vero e proprio grido d'allarme proprio da Peppe Dell'Acqua: "Gli ultimi 5-6 anni di cambiamento politico assoluto sono stati davvero dolorosi. Occorre rimettere al centro le relazioni, il riconoscimento dell'altro, l'ascolto di emozioni e conflitti, prima di ogni diagnosi. La cura comincia da lì. Quando io riconosco l'altro, e l'altro riconosce me". E invece cosa sta succedendo? Lo ha chiarito bene Roberto Mezzina (anche lui basagliano ed ex direttore del Dipartimento di salute mentale): "Dati incerti, oscillazioni inspiegabili, crescita dei Tso (Ndr:trattamenti sanitari obbligatori) dallo 0,4 % all'1 % in cinque anni e calo delle prese in carico. Meno persone seguite, più farmaci distribuiti. In una parola, assenza di programmazione, personale stanco e ridotto che lavora a vista, servizi sovraccarichi, chiusura notturna di un Csm (che equivale a meno sei posti letto), supporto ai giovani insufficiente". Come invertire il trend? Le proposte uscite dal convegno sono estremamente chiare e semplici: rafforzare i servizi territoriali sulle 24 ore; assunzioni mirate; incrementare la spesa di un 5 %, integrare la salute mentale nelle politiche scolastiche, giovanili e del lavoro; promuovere una cultura del rispetto.
Ci paiono proposte di buon senso e che andrebbero tenute in debita considerazione dagli attuali reggitori della sanità regionale, anche perché, continuando con le attuale politiche di dimagrimento dei servizi territoriali si corre, davvero, il serio rischio di disperdere il patrimonio più bello della riforma basagliana, ovvero quella riscoperta da parte del malato di mente dei propri diritti e della propria dignità umana che costituisce il senso più profondo anche del vissuto di Elena e della sua storia. Nei prossimi giorni conto di leggerla tutta con attenzione ed è una lettura che suggerisco di cuore a tutti.
 
Mauro Zinnanti