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Tra dimissioni e mancati rinnovi, dove sta andando la sanità giuliano-isontina?

 |  Redazione sport  |  Commento del giorno

Davvero non si sa più cosa pensare. Per fare un po’ d’ordine partiamo dalla coda ovvero dall’ultima notizia, ampiamente (e vanamente) anticipata dai sindacati, in merito ai mancati rinnovi  di circa 60 lavoratori interinali con pesanti riflessi nelle acque, parecchio agitate, della sanità giuliano-isontina.  Sempre dalla cronaca si apprende che, quale effetto immediato della riduzione di personale, gli sportelli aziendali dell’Ufficio relazioni con il pubblico (Urp) di Cattinara e di via Sai a San Giovanni dal 12 giugno sono aperti solo il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 8 e 30 alle 12, al posto delle cinque giornate precedenti. Analogo provvedimento è in vigore anche per gli Urp di Gorizia e Monfalcone. En passant sottolineiamo il prezioso ruolo di filtro svolto dagli sportelli Urp, cui i cittadini si rivolgono per avere informazioni in merito a visite, accertamenti diagnostici, interventi chirurgici e tempi di attesa. Oggi, questa fondamentale funzione di “front office” viene ridotta, senza colpo ferire, al lumicino. Sul punto merita citare testualmente l’intervento del segretario della Fials Pototschnig “ non è stato rinnovato il contratto a cinque operatori interinali in forza al Creu (Comunicazione, Relazioni esterne e Urp) e a questa situazione si aggiungono un pensionamento avvenuto il primo giugno e un altro in programma a settembre”.  Dunque una situazione a forti tinte grigie e rispetto alla quale anche le dichiarazioni rese dal direttore generale di Asugi Poggiana, paiono davvero poco tranquillizzanti “ avendo un vincolo di spesa sui contratti degli interinali…dobbiamo riorganizzarci, recuperando risorse in modo tale da creare margini utili a procedere, nell’ultima parte dell’anno, alle assunzioni e al ripristino di queste attività”.  Fuor di metafora (e da un linguaggio aziendalistico francamente un po’ oscuro), non vi è alcuna certezza né sui tempi né sulle unità che si intendono assumere per  recuperare la piena funzionalità di questo fondamentale servizio.  L’unica, fredda legge che vale è quella dei numeri. Sono sempre i sindacati Fials, Cgil e Uil a tentare di fare chiarezza.  Infatti, come denunciato, la spesa per gli interinali di Asugi è passata da uno stanziamento di 3,7 milioni di euro nel 2022 a 1,4 milioni di euro per il 2023, con drastica riduzione dei “contrattisti” che da quota 124 a fine 2022 ora sono passati a soli 60, senza che il venir meno di questi contratti sia stato accompagnato da un corrispondente incremento di nuove assunzioni a tempo indeterminato.  Insomma, se anche stavolta paiono “vincenti” le ragioni del bilancio, a rimetterci, come sempre (verrebbe proprio da dire), sono i servizi ai cittadini. L’argomento tagli agli sanità pubblica è di quelli scottanti e tocca a 360 gradi tutta l’organizzazione della sanità pubblica sia a livello locale che nazionale. A volo d’angelo, evidenziamo la carenza, sempre più evidente, di personale sia medico che infermieristico dovuta non solo ai pensionamenti ma  anche alle dimissioni volontarie con passaggio alle strutture private (ben 1.500 a livello regionale nell’ultimo triennio!), che sta comportando, in linea  con le previsioni dell’oramai arcinoto Atto aziendale approvato a maggio 2022, una costante riduzione sia dei servizi offerti dalla sanità pubblica che degli stessi presidi territoriali.  Esempi concreti di queste affermazioni ? La programmata riduzione dei consultori familiari a Trieste da quattro a due con impatti pesantissimi sull’utenza fragile assistita (in primis, donne e bambini).  Il taglio (per ora rientrato) nella preziosissima assistenza fornita dai Centri di salute mentale, anche in questo caso a causa di una evidente carenza di personale specialistico (solo in Asugi mancherebbero tre psichiatri e sei psicologi), cui si fa fronte con provvedimenti-tampone come l’apertura del centro di via Gambini su 12 e non su 24 ore. Ancora, il sovraccarico dei pazienti in carico ai medici di base per cui, a fronte di una carenza di 114 medici a livello regionale, si alza il tetto degli assistiti a cifre improponibili!  Infine, per chiudere, in bellezza, come non evidenziare l’allungamento dei tempi di risposta delle prestazioni sanitarie che, secondo le ultime statistiche fornite, vedono i cittadini residenti a Trieste e Gorizia “beneficiare” per circa un terzo in ritardo delle prestazioni richieste in priorità breve (ovvero entro 10 giorni). Che dire? Un quadro decisamente preoccupante e  rispetto al quale le risposte sinora fornite dalla politica e dalla dirigenza sanitaria paiono, a esser diplomatici, carenti o, in alcuni casi, addirittura irriverenti.  Si badi bene che da parte nostra non vi è, come già detto in altri contesti, alcuna volontà di fare polemica per il gusto di fare polemica, ma solo l’intendimento di tentare di fare chiarezza a tutto beneficio del cittadino-utente. Quindi, tornando un attimo alle risposte di dirigenza e politica sui mali della sanità pubblica, ci sembrano davvero fuori luogo, rispetto al contesto descritto, certe recenti affermazioni del direttore generale di Asugi che testualmente, a chi protestava per i disservizi in tema di salute mentale ha replicato “ il clima è sereno…un quadro che rende incomprensibili le contestazioni  ...Se mi sono fatto qualche idea del perché qualcuno ogni tanto protesta? No, non lo so”. Beato lui!   Di tenore e spessore diverso le affermazioni dell’assessore regionale Riccardi che, in risposta ai problemi sollevati, delinea una duplice azione di possibile risposta.  Da un lato, prevedendo incentivi a favore di medici e infermieri della sanità pubblica che si impegnino sullo “smaltimento degli arretrati”. Dall’altro, incrementando il ricorso alla sanità privata accreditata elevando l’attuale posta pari all’8,9 % del finanziamento totale del sistema sanitario regionale, anche nella considerazione che il Friuli Venezia Giulia è decisamente sotto la media nazionale per tale voce, attualmente pari al 17,4 %.  Su questo punto merita aprire una piccola parentesi nel senso che da parte nostra non vi è alcun pregiudizio per un apporto “ancillare” della sanità privata accreditata rispetto alla sanità pubblica con una chiara distinzione di ruoli: la sanità pubblica, per sua definizione, guarda alla persona nella sua interezza; quella privata, per definizione, bada all’utile e ad erogare prestazioni a pagamento! Tutto il resto, sono chiacchiere!  E allora che fare? A nostro modesto avviso, poiché i margini di manovra paiono davvero molto stretti, crediamo che la sanità debba costituire il campo privilegiato per l’ascolto e non solo tra maggioranza ed opposizione, ma anche e soprattutto tramite il coinvolgimento, in appositi tavoli tecnici, di sindacati, associazioni di categoria ed, in particolare,  delle numerose associazioni di volontariato che hanno sin qui garantito la tenuta complessiva del sistema.  Confidiamo, davvero, che il nostro appello venga ascoltato e che si superino, velocemente, tutte quelle incomprensioni ed incomunicabilità che hanno sinora caratterizzato i rapporti tra assessorato ed utenza: non dimentichiamoci mai che la posta in gioco è la salute!

Emme Zeta