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Attenzione all'Iran, non ai suoi vicini

Se affrontare l’impatto degli attacchi Houthi sulla sicurezza marittima internazionale è una questione urgente, gli sforzi per risolvere la crisi dovrebbero concentrarsi sulla vera fonte del conflitto: Teheran. Nonostante Teheran neghi il suo coinvolgimento negli attacchi contro le navi commerciali nel Mar Rosso e le forze militari americane in...
 |  Francesco Tremul  |  Geopolitica

Se affrontare l’impatto degli attacchi Houthi sulla sicurezza marittima internazionale è una questione urgente, gli sforzi per risolvere la crisi dovrebbero concentrarsi sulla vera fonte del conflitto: Teheran.

Nonostante Teheran neghi il suo coinvolgimento negli attacchi contro le navi commerciali nel Mar Rosso e le forze militari americane in Iraq e Siria, le milizie sciite che eseguono queste azioni – compresi gli Houthi yemeniti – sono ampiamente riconosciute come legate al regime iraniano. Mentre Teheran sostiene che questi gruppi operino in modo autonomo, guidati esclusivamente dal loro percepito interesse personale, una pletora di prove indica la sua diretta complicità. Teheran ha meticolosamente coltivato negli ultimi 10 anni la creazione e il sostegno di vari gruppi terroristici nel Medio Oriente. Gli attacchi di Hamas ad Israele il 7 ottobre scorso che hanno innescato l’attuale conflitto sono strettamente collegati a questo quadro strategico. Il leader supremo Ali Khamenei ha addirittura definito l’assalto di Hamas una “sconfitta irreparabile” per il principale alleato regionale degli USA.

Successivamente, il regime iraniano ha fatto tutto il possibile per intrappolare gli Stati Uniti nel conflitto. Hezbollah ha avviato provocazioni lungo la frontiera settentrionale di Israele, mentre gli Houthi hanno avviato i loro assalti al trasporto marittimo, con l’obiettivo esplicito di sigillare virtualmente il Mar Rosso. E se lasciate incontrollate, queste manovre potrebbero servire da preludio ad un’offensiva più ampiamente orchestrata.

Gli USA hanno risposto a queste provocazioni formando una coalizione per la sicurezza marittima ed eseguendo limitati attacchi di ritorsione contro le strutture utilizzate dalle milizie irachene e siriane, che hanno preso di mira obiettivi statunitensi oltre 100 volte da metà ottobre. Tuttavia, la Casa Bianca è stata attenta a non confrontarsi direttamente con Teheran. 

Sebbene le sanzioni e le pressioni diplomatiche possano indebolire il regime iraniano, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno anche l’opportunità di rafforzare i movimenti di opposizione interna. Un numero crescente di esperti occidentali riconoscono in Iran la vitalità di un movimento pro-democrazia con ampio sostegno: dal 2014 questo movimento è guidato da una rete nazionale di “unità di resistenza” affiliate all’organizzazione dei Mojahedin del Popolo. L'aumento di attività di questi gruppi è stato evidente durante la rivolta innescata dalla tragica morte di Mahsa Amini nel 2022.

Allo stato attuale c’è molto da fare per l’Occidente. Primo, bisognerebbe includere il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, il principale strumento di repressione interna e di ingerenza regionale di Teheran, nell'elenco dei gruppi terroristici. Secondo, l’applicazione di sanzioni globali, incluso il divieto di vendita del petrolio, limiterebbe anche la capacità di Teheran di finanziare i suoi intermediari terroristici. E riconoscere il diritto della sua gioventù ribelle ad affrontare e sfidare le Guardie invierebbe un messaggio inequivocabile che l’era del "business as usual" è giunta al termine.