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L'oro del Mali

Un tragico evento ha recentemente scosso una delle regioni sud-occidentali del Mali: il cedimento di una miniera d’oro operante senza le dovute autorizzazioni ha portato alla morte più di 70 lavoratori. Il Mali, noto per essere il terzo più grande esportatore d’oro in Africa, affronta regolarmente incidenti nel settore minerario. La pratica del...
 |  Francesco Tremul  |  Geopolitica

Un tragico evento ha recentemente scosso una delle regioni sud-occidentali del Mali: il cedimento di una miniera d’oro operante senza le dovute autorizzazioni ha portato alla morte più di 70 lavoratori.

Il Mali, noto per essere il terzo più grande esportatore d’oro in Africa, affronta regolarmente incidenti nel settore minerario. La pratica dell’estrazione non regolamentata, spesso condotta da gruppi minori che trascurano le norme di sicurezza, è particolarmente problematica nelle regioni isolate del paese: un’attività mineraria artigianale che è stimata in circa 30 tonnellate all’anno, il 6% dell’oro estratto annualmente.

La preoccupazione che i ricavi dell’estrazione non regolamentata possano sostenere gruppi estremisti nel nord si è intensificata negli ultimi anni. Secondo l’International Trade Administration del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti l’oro è di fondamentale importanza per l’economia maliana (oltre l’80% dell'export totale 2021). Il settore minerario è vitale per il sostentamento di oltre due milioni di persone, equivalenti a più del 10% della popolazione.

Truppe del Mali in sinergia con ex combattenti della PMC russa precedentemente nota come “Wagner”, attualmente ribattezzati “Africa Corps”, hanno assunto il controllo dell’area estrattiva di Intahaka. Il sito, noto per la sua produzione artigianale d’oro, si trova all’interno dei confini del comune di N’Tillit, non lontano dalla città di Gao e al confine con il Burkina Faso. Segnalazioni diffuse dall’emittente “RFI” e corroborate da testimoni locali rivelano come l’operazione di occupazione sia avvenuta il 9 febbraio, attraverso il dispiegamento di truppe e mercenari via elicottero. Persistono sospetti, espressi in particolare dal gruppo insurrezionale “CSP”, riguardo le intenzioni degli ex Wagner di appropriarsi delle risorse della miniera, prelevando ingenti quantitativi di oro e argento.

La contesa per il controllo delle miniere dura da anni, coinvolgendo diverse fazioni in grado di esercitare influenza nella regione: tra essi, i ribelli del CSP ed i membri del “Gruppo di sostegno all’Islam ed ai musulmani” (JNIM) che hanno legami con al Qaeda e si contendono il territorio. Secondo le statistiche ufficiali rilasciate dalle autorità maliane le miniere artigianali del paese contribuiscono con una produzione annuale di circa 26 tonnellate d’oro: un dato che è comunque considerato largamente sottostimato in quanto non comprensivo del volume di produzione proveniente dalle aree gestite dai gruppi armati, in particolare quelle situate nel settore settentrionale del paese.

Le informazioni provenienti da fonti civili e di sicurezza indicano come la presenza di ex componenti del gruppo Wagner a Intahaka miri principalmente a tutelare l’area, prevenendo l’appropriazione indebita delle risorse da parte di entità armate non governative. Nella Repubblica Centrafricana ed in Sudan l’industria mineraria rappresenta una fonte di guadagno consolidata per il gruppo Wagner. In Mali, invece, la situazione appare diversa: gli elementi russi, definiti “ausiliari” militari dal governo locale, ricevono finanziamenti direttamente dallo Stato, deviando dal modello osservato negli altri paesi.

Le autorità militari in Burkina Faso, Mali e Niger hanno annunciato il progetto di istituire un’unità di sicurezza integrata per combattere la crescente presenza di gruppi jihadisti nei rispettivi territori. La decisione arriva in risposta alla situazione di instabilità che affligge il Sahel, teatro di numerosi attacchi terroristici che hanno provocato la morte di migliaia di civili. Nonostante l’importanza dell’annuncio, persistono molte incognite riguardo alla reale implementazione di tale forza, inclusi i tempi di attivazione, l’entità e la composizione del contingente. I tre paesi sono governati da giunte militari dopo i colpi di stato degli ultimi anni e si sono distaccati dal “G5 Sahel”, un consorzio formato nel 2014 da cinque nazioni (Ciad, Mali, Niger, Burkina Faso e Mauritania) con l’obbiettivo di affrontare la minaccia jihadista ed hanno concordato un’intesa per il sostegno reciproco in ambito difensivo.