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Parte il piano per il Porto Vecchio, Zinnanti: "Tanti gli interrogativi, qui si gioca una buona fetta del futuro della città"

 |  Redazione sport  |  Commento del giorno
Dopo mesi di attesa e settimane di tam tam, ecco, finalmente, la notizia tanto attesa. La Giunta comunale ha approvato la scorsa settimana, su proposta dell'assessore Bertoli, la proposta di partenariato pubblico privato per la rigenerazione di Porto Vecchio presentata dal gruppo Costim, colosso immobiliare bergamasco, controllato dalla holding Polifin che fa capo alla famiglia Bosatelli. Ovviamente si tratta, nelle parole dei reggitori comunali, di una "storica" notizia dal sindaco Dipiazza che commenta "faremo qualcosa di straordinario", all'assessora Lodi che si lancia in "è un momento storico" per terminare con l'assessore Bertoli che rileva "per la prima volta la città si trova con un progetto reale, realistico e realizzabile" presentando la delibera come un testo "né di destra, né di sinistra: il mio asupicio è che in Consiglio comunale possa essere solo migliorato".
Sin qui le prime reazioni ufficiali dell'esecutivo municipale, ma, in buona sostanza, che cosa contiene lo schema di proposta approvato?  In estrema sintesi e sulla base delle notizie merse, si prevede un investimento complessivo di 600 milioni di euro per la riqualificazione totale di 31 magazzini e dell'area costiera dell'antico scalo (che oggi è articolata in cinque moli), per una superficie totale interessata dall'intervento di 66 ettari. Tempistiche? Secondo le più rosee previsioni, si dovrebbe andare in gara tra dicembre e febbraio, secondo le modalità della finanza di progetto e quindi con diritto di prelazione del proponente Costim, per poi partire con i lavori nell'estate 2025, con l'inevitabile coesistenza con gli altri importanti interventi pubblici già avviati o ancora da avviare sulla medesima area.
Sin qui la cornice, ma, come si dice in gergo, dentro la scatola cosa c'è?
Qui le notizie apparse finora appaiono davvero molto generiche. Si parla di intervento "unitario" e "sostenibile", a "ridotto impatto ambientale" e "altamente innovativo". Si accenna ad un "mix funzionale" caratterizzato da una "forte presenza di funzioni pubbliche di interesse generale ed infrastrutturale, sostenute da interventi privati complementari al fine di creare una forte centralità urbana".  Mahh. Forse siamo noi a non comprendere bene l'italiano, ma ci pare che queste affermazioni, peraltro virgolettate, siano di una genericità assoluta.  Vediamo se riusciamo a scavare un po' sotto la superficie. In concreto, al netto dei quattro fabbricati acquistati e ristrutturati dalla Regione per trasferirvi gran parte dei propri uffici, gli altri 31 oggetto del project saranno anch'essi acquistati dal partner privato che intende riqualificarli e poi rivenderli o affittarli per usi diversi ma sempre conformi a quanto indicato dal Piano territoriale del Porto Vecchio che, secondo le macro destinazioni a oggi previste, contempla la realizzazione di un terminal crociere, una marina, poli museali (in fase di completamento da parte del Comune) e una parte residenziale. Must di ogni intervento è privilegiare l'accesso al mare e riaprire ai triestini una parte della città abbandonata per decenni. A darci ancora qualche indicazione in più è l'assessore Bertoli che illustra "l'intervento comprenderà l'estensione delle aree pubbliche pedonali ed il collegamento intermodale, ospiterà centri di ricerca e innovazione e sarà realizzato a consumo del suolo pari a zero e ridotto impatto ambientale. Porto Vivo sarà modello trigenerazionale, in cui potranno convivere tre generazioni: giovani, adulti e anziani".  Al momento, sono solo queste le notizie di carattere contenutistico e ci paiono, davvero, piuttosto scarne per quella che, a tutti gli effetti, è la principale operazione immobiliare per i prossimi decenni in città. Come appare, francamente, piuttosto "fuori stagione" questa uscita sul tema in pieno clima vacanziero con il rischio che le circoscrizioni siano costrette ad esaminare una delibera di tale importanza e strategicità in piena estate. Staremo a vedere come si muoverà l'amministrazione Dipiazza nei prossimi passaggi formali e se, come dichiarato, ci sarà davvero concreta dimostrazione di quella disponibilità al dialogo esposta in maniera così chiara  proprio da Bertoli su questo rilevante tema. Detto questo e sulla base di quelle sono competenze ed esperienze professionali personali,  ci sentiamo in dovere di sottolineare l'opportunità che l'esame della complessa documentazione che accompagna la delibera dovrà appuntarsi su alcuni temi fondamentali e che rappresentano l'ABC  della finanza di progetto. Qual'è la percentuale di cofinanziamento pubblico che viene richiesto? Com'è strutturato il PIano economico-finanziario? Quali sono le garanzie a tutela dell'interesse pubblico affinché nelle successive operazioni di rivendita immobiliare venga comunque preservato l'uso pubblico laddove previsto, in particolare per ciò che concerne l'accesso al mare che, come noto, è e resta di proprietà demaniale? E per finire, come si concilia la previsione di un investimento complessivo per lavori di soli 600 milioni di euro per 31 magazzini a fronte di una previsione di spesa da parte regionale di 160 milioni di euro per acquistare e trasformare in uffici quattro magazzini?
Non sono domande né di destra né di sinistra, ma solo legittime curiosità da parte di chi continua a credere che sulla riqualificazione di quell'area si gioca una buona fetta del futuro della nostra città.
 
Mauro Zinnanti