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A Gorizia nasce il comitato europeo delle città transfrontaliere: e Trieste che fa? Emme Zeta: "Occorre un lungo e faticoso lavoro di relazioni e di progettualità per uscire dall’angolo”

 |  Redazione sport  |  Commento del giorno

La notizia ha oramai qualche settimana, ma abbiamo voluto attendere un po’ di tempo per capire se, all’ombra di Palazzo Cheba, qualcuno avesse manifestato anche un piccolo segnale di interesse…  Attesa vana, nulla di nulla!  Di che cosa stiamo parlando?  Del neo-istituito Comitato europeo delle città transfrontaliere, formalizzato di recente in quel di Gorizia (dunque a qualche chilometro da Trieste!), su forte impulso di Paolo Petiziol, presidente dell’associazione Mitteleuropa, ma anche del Gruppo europeo di cooperazione territoriale tra Gorizia, Nova Gorica e Sempeter-Vrtojba che ha il compito di coordinare le tre realtà territoriali limitrofe. Quale è stata la molla che ha portato alla concretizzazione di questa belle idea? Una semplice constatazione: in Europa le regioni transfrontaliere coprono il 40 % del territorio europeo e contano circa 150 milioni di abitanti, tra i quali vanno annoverati quasi 2 milioni di lavoratori transfrontalieri. Dunque si tratta di una realtà rilevante a livello comunitario e che non sempre, almeno sino ad ora, è riuscita a farsi ascoltare con la dovuta attenzione dalla lontana Bruxelles. Infatti, molto spesso, queste realtà “a cavallo dei confini” hanno già bussato alle porte delle istituzioni europee per chiedere aiuto nella soluzione di problemi comuni, ma l’hanno fatto in maniera frazionata, senza proporre una visione di insieme ed è allora che ha finito per prevalere la nota (e crudele) legge dei numeri. Un esempio per tutti: se Gorizia e Nova Gorica vanno a Bruxelles rappresentano 80 mila persone, ovvero una goccia nel mare ed, in questo contesto, è certamente un vero successo essere riusciti a raggiungere un traguardo come GO 2025!, quando le due città saranno assieme Capitale europea della Cultura. Ecco che, proprio partendo da questa considerazione e dall’altra, correlata, ovvero che oggi come oggi il confine più che un limite rappresenta un’opportunità di crescita, il bravo Petiziol è riuscito nell’impresa  di riunire a Gorizia una nutrita rappresentanza di città transfrontaliere che si sono ritrovate  per costituire un Comitato che avrà il primario compito di portare una voce comune alle istituzioni comunitarie. Vediamo allora quali sono i nomi di queste realtà che hanno deciso di unire i loro destini, scommettendo nel successo di questa avventura: Valka e Valga (Lettonia ed Estonia), Frankfurt an der Oder e Slubice (Germania e Polonia), Gornja Radgona e Bad Radkersburg (Slovenia e Austria), Komarno e Gradiska (Slovacchia e Bosnia Erzegovina), Komarom e Stara Gradiska (Ungheria e Croazia), oltre alle ospitanti Gorizia e Nova Gorica. Dunque, per iniziare, un bel parterre tra città un tempo divise da confini nati in esito ai conflitti mondiali e che oggi, unite sotto il comune tetto dell’Unione Europea, hanno ritenuto necessario ed opportuno associarsi per contare di più a livello europeo e per cercare, per quanto possibile, risposte comuni a problemi comuni. Tutti i partecipanti, infatti, hanno sottolineato come  il fatto di avere lingue, diverse legislazioni e differenti servizi non può rappresentare un ostacolo verso l’integrazione, atteso che il contesto territoriale  è il medesimo e comune è l’esigenza di fornire servizi integrati ed efficienti alle popolazioni di riferimento. Un esempio concreto? Mettere a fattor comune servizi come quelli ospedalieri o di trasporto pubblico locale deve rappresentare un’opportunità di crescita per le comunità interessate, anche se vanno superate difficoltà di carattere normativo e linguistico.  All’incontro, che si è chiuso con la volontà comune di redigere un documento strategico congiunto, ha preso parte anche l’europarlamentare italiana Elena Lizzi, che ha invitato il Comitato a fare proposte operative che tengano conto del  percorso legislativo europeo (suddiviso, come noto, tra Parlamento, Commissione e Consiglio europeo) e a coinvolgere sin da subito, come utile supporto, le rispettive rappresentanze statali. Possiamo, in definitiva, concordare con le conclusive ed ottimistiche  parole di Paolo Petiziol “è un’iniziativa unica ed ambiziosa perché nasce dal basso, dall’Europa delle città e delle persone che oggi hanno portato qui istanze, necessità, progetti e obiettivi per costruire il futuro delle prossime generazioni, un futuro basato sulla cooperazione, sul dialogo e sulla pace”. Belle parole, indubbiamente, ma anche impegnative per un futuro nella comune prospettiva europea in cui, come correttamente rilevato da Petiziol, un ruolo determinante lo giocheranno le nuove generazioni, quelle che hanno ormai nel Dna il comune destino europeo e che, grazie a programmi come Erasmus, stando imparando a considerare come patria, oltre alla propria, anche la comune casa europea. E Trieste, allora?  Trieste nonostante sia città di confine, nonostante le ambizioni più volte espresse dal sindaco Dipiazza che in più occasioni ha definito la nostra città “capitale europea d’area” non risulta pervenuta (né sappiamo, a dire il vero,  se sia stata quanto meno cercata in vista  di questa rilevante iniziativa). Alcune considerazioni, però, ci pare sia proprio il caso di farle: non ci sembra che basti qualche sporadica puntata a Capodistria o, ben che vada, a Lubiana  per giustificare le proprie, legittime, ambizioni. Occorre, se ci è consentito, un lungo e faticoso lavoro di relazioni e di progettualità comune europea per “uscire dall’angolo” e concretizzare serie e fondate iniziative di crescita delle città transfrontaliere interessate, guardando al mare (Capodistria, Isola, Pirano, la costiera istriana) ma anche all’altipiano (Sesana, Cosina, Divaccia), analizzando bene il contesto di riferimento e proponendo a Bruxelles iniziative che servano a far crescere, in maniera equilibrata e sostenibile, i territori e le comunità interessate. Si tratta, quindi, di un lavoro approfondito da fare di cui, al momento, non c’è traccia. E’ solo un esempio, se vogliamo, di quella cronica incapacità a volare alto e a delineare strategie complessive di sviluppo di cui la coalizione di centro-destra, da tanti anni al governo della città, ha dato sin qui ampia e documentata prova. Sia ben chiaro che questa non è, e non vuole essere, un’accusa, ma una semplice constatazione, alla luce della quale possiamo solo auspicare che forse è prossimo il momento di girare pagina.

Emme Zeta