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Di qua le polemiche al Pedocin, di là l'alluvione in Slovenia. Emme Zeta: "Il volto migliore di oltre il confine"

 |  Redazione sport  |  Commento del giorno

Che dire? Agosto, tempo di ferie al sole e al mare, si sta rivelando, come da alcuni anni oramai, particolarmente caliente non solo dal punto di vista meteo, ma anche per il susseguirsi di polemiche, stavolta davvero nate in spiaggia, che lasciano attoniti i più autorevoli commentatori. Dopo che la sindaca di Monfalcone Cisint aveva per prima, lo scorso luglio, giudicato “poco igienico” che le donne musulmane si recassero al mare a Marina Julia vestite (preannunciando divieti formali e possibili sanzioni, tuttora non pervenute), ecco la replica, in tono, se vogliamo più casereccio, nel nostro amato e universalmente noto Pedocin. Qui, lato donne, per essere chiari, c’è stato un episodio, a dirla tutta, davvero poco simpatico, di alcune bagnanti, usuali frequentatrici dello stabilimento, che hanno pensato bene di polemizzare, con notevole veemenza (visti i servizi ed i filmati che ne sono seguiti) contro alcune donne islamiche che, vestite di tutto punto, hanno accompagnato i propri pargoli (in costume!) al bagno. Apriti cielo!  Urla “da venderigole”, hanno spinto le donne “vestite” a por termine, velocemente, alla propria immersione nella rinfrescante acqua marina abbandonando il sito, con sommo gaudio delle vestali dei sacri “costumi”  del Pedocin. Tutto bene, dunque? Non proprio. Ne è seguito infatti un profluvio di interventi e commenti con la classica, e ormai ben collaudata, divisione negli opposti schieramenti di centrodestra e di centrosinistra e successivo flash-mob di solidale protesta.   Noi che, per convinzione e rispetto del mestiere, cerchiamo da sempre di non cadere nello stucchevole giochino delle polemiche fine a stesse, ci teniamo a ribadire, come peraltro riscontrato in altri autorevoli commenti, alcuni semplici concetti. Checché ne pensi il nostro Borgomastro (che non ha resistito alla tentazione di intervenire nella polemica), non vi è alcun obbligo qui da noi, per chicchessia, di conformarsi alle abitudini locali,  tanto più se tali costumi vanno a violare precise tradizioni anche di derivazione religiosa. Secondo concetto: parliamoci chiaro, il Pedocin si trova ad un tiro di schioppo dal terminal Samer dove ogni giorno arrivano fior fiore di traghetti dalla Turchia, di che igiene stiamo parlando?  Non è che dietro a questo motivo di presunta tutela della salute, si celi, per caso, la solita e diffusa paura dell’altro e del diverso, vissuto come una minaccia alla propria identità culturale e di civiltà?      Ultima considerazione (confidando davvero di non dover tornare più sull’argomento). Quando si toccano i diritti fondamentali della persona umana (e tra questi rientra pure quello di andare al mare vestiti come meglio si crede, purché non si offenda la pubblica decenza), stiamo parlando di principi-cardine della nostra civiltà occidentale e liberale. Sono valori assoluti, non trattabili, costituiscono diritti fondamentali della persona, non comprimibili, né sottoponibili alla reciprocità. E dunque? Dunque, se siamo perfettamente d’accordo con quanti sostengono che va in ogni caso attivata un’attenta e preziosa opera di integrazione culturale delle diverse comunità che da sempre hanno fatto e fanno la fortuna della nostra città, non ci resta che rispettare quelle donne (viste di persona più volte a Barcola, senza particolari polemiche) che vanno al mare vestite, anche in queste calienti giornate agostane.  Del resto, che sia davvero arrivato per tutti noi, fieri esponenti della civiltà occidentale, il tempo di  lasciare da parte le polemiche e declinare, invece,  in comportamenti concreti quei valori di solidarietà ed inclusività che sono il portato più bello della nostra civiltà liberale, lo dimostra, a pochi chilometri da noi, la vicina Slovenia.

Colpita, come noto,  circa un mese fa’ da una serie di catastrofiche alluvioni che hanno fortemente danneggiato non solo l’ambiente, ma anche infrastrutture strategiche (come ponti e ferrovie) e soprattutto case (quattro mila danneggiate e 400 distrutte), con il corredo di sei vittime, la Slovenia si è resa protagonista di un gesto davvero bello e significativo: lo scorso 14 agosto ha indetto il “giorno della solidarietà”, voluto dalle autorità, su sollecitazione delle associazioni di volontariato, per accelerare le operazioni di riparazione dei danni ambientali e di pulizia delle abitazioni ricoperte dal fango . E qual’ è stata la risposta della gente comune? Ben 31 mila persone si sono registrate nell’app lanciata per l’occasione e hanno una dato una mano, rimboccandosi le maniche, svolgendo la propria preziosissima opera sotto il coordinamento della protezione civile e delle forze dell’ordine. Dunque, una iniziativa coronata da grande successo, con il giusto orgoglio formulato sia dal premier sloveno Golob che ha rimarcato le linee-guida dell’intera operazione, ovvero la solidarietà, il mutuo soccorso e il sostegno, sia dalla presidentessa Pirc Musar che, con una immagine evocativa, ha detto che, se un gran numero di strade  e ponti sono stati spazzati via, le alluvioni “hanno rafforzato i ponti tra le persone”. Entrambi poi, con l’aggiunta della ministra degli Esteri Fajon,  non hanno mancato di sottolineare la fondamentale importanza della solidarietà internazionale da paesi quali Germania, Francia, Spagna, Italia ed anche Ucraina: aiuti che “non conoscono confini ed è questo che sentiamo e proviamo in questi giorni in Slovenia”.  In definitiva, un bel e concreto esempio di unità nazionale (anche tra forze politiche opposte) e solidarietà internazionale con la finalità di far tornare il paese quanto prima alla normalità.  

Meditate gente, meditate: qui ci si lambicca in polemiche a volte stucchevoli, di là si coglie l’occasione di un disastro naturale per serrare le fila e di mostrare, anche all’estero, il volto migliore della Slovenia!

Emme Zeta     

Parole chiave: Trieste