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Alti i numeri della rotta balcanica a Trieste, Emme Zeta: "Tema da affrontare profondamente e serenamente, in ballo c'è il futuro dell'umanità"

 |  Redazione sport  |  Commento del giorno

Sono tanti, davvero, e sono soprattutto giovani e maschi: su questo siamo tutti d’accordo. Stiamo parlando della variegata umanità che oramai da settimane “popola” Piazza Libertà, in particolare la notte, non sapendo, letteralmente, dove altro andare per sfangare le giornate nella totale assenza (per non dire disinteresse) delle istituzioni a ciò preposte. Negli scorsi giorni, come accade oramai di frequente, l’argomento ha prodotto fiumi di inchiostro e di conseguenti polemiche, per lo più inutili, che non hanno di certo contribuito a risolvere il drammatico problema.

Vediamo, come nostro costume e nei limiti delle nostre possibilità, di fare un po’ di chiarezza.  Innanzitutto cerchiamo di inquadrare il fenomeno. Stiamo parlando della famosa “rotta balcanica” che da gennaio a luglio ha portato solo a Trieste 7.890 migranti (con un picco a luglio di 2.277 arrivi) cui, nelle prime settimane di agosto, si sono aggiunte oltre mille persone. Va detto, a onor del vero, che a fronte di questi numeri, in ogni caso molto rilevanti,  secondo le statistiche ufficiali ben 5.732 migranti hanno proseguito per altri paesi a dimostrazione che per molti di loro l’Italia (e quindi Trieste) costituisce unicamente un paese di transito.

Oltre al fattore numerico (che resta in ogni caso in primo piano) cosa ha fatto saltare il banco? Perché 500 persone, di media, passano le notti “open air” tra Piazza Libertà e Silos?  Senza avere la presunzione di cogliere tutti i molteplici aspetti del problema, ci paiono chiari almeno alcuni elementi. Vi è stata innanzitutto, dall’esecutivo Meloni in poi, una chiara sottovalutazione del fenomeno che, passata l’illusione di fermare i migranti in breve tempo nei paesi d’origine, ha praticamente smantellato la rete assistenziale pre-esistente, facendo ricadere gran parte delle responsabilità gestionali sulle associazioni di volontariato e sugli enti locali. Ovviamente, sia gli uni che gli altri sono oramai saturi e, pur massimamente impegnati, non riescono a fornire risposte adeguate e dignitose ai tanti che bussano alle porte del nostro paese, alla ricerca di un futuro migliore.   Nel caso di Trieste, poi, giocano, sicuramente, altri due fattori che hanno fatto esplodere Piazza Libertà e dintorni: il primo fa riferimento ai mancati trasferimenti verso altre regioni  che, bloccati da qualche mese, sono ripresi solo adesso quando il caso è stato ripreso dai media nazionali e grazie alla famosa telefonata notturna del ministro Piantedosi al sindaco Dipiazza. Il secondo elemento riguarda la forte incidenza dei minori non accompagnati che nella prima metà del 2023 sono stati quasi mille portando la nostra regione al terzo posto in Italia per numero di arrivi di questa particolare e delicata categoria di migranti, dopo la Sicilia e la Calabria, con un trend crescente  anche in queste due ultimi mesi. Da notare anche che per i minori, all’approssimarsi della maggiore età, scatta l’allontanamento volontario sia con il tentativo di ricongiungersi a familiari presenti in altri paesi europei, sia, purtroppo, con esisti infausti che li portano spesso nelle grinfie della criminalità organizzata (ogni riferimento alla prostituzione minorile non è affatto casuale!).  Detto ciò, resta da capire che cosa è possibile fare sia per dare una risposta dignitosa in termini assistenziali a chi arriva qui e molto spesso non ha più nulla, sia per ridare decoro a zone della città, come Piazza Libertà e dintorni, che dovrebbero  rappresentare il biglietto d’ingresso a Trieste ai numerosi turisti che negli ultimi tempi stanno riscoprendo le bellezze giuliane. In questo caso, pur non avendo la pretesa di rappresentare una risposta complessiva ad un problema complesso, plaudiamo all’iniziativa congiunta dei sindaci dell’ex provincia di Trieste che, dopo una iniziale incomprensione, hanno sottoscritto una chiara lettera congiunta al prefetto Signoriello proprio sul tema dei minori non accompagnati. In buona sostanza, l’unanime parere dei sindaci è che, sulla base delle previsioni del decreto legislativo 142 del 2015,  “in presenza di arrivi consistenti e ravvicinati di minori non accompagnati”, qualora “l’accoglienza  non possa essere assicurata dai Comuni, è disposta dal prefetto l’attivazione di strutture ricettive temporanee esclusivamente  dedicate ai minori non accompagnati, con una capienza massima di cinquanta posti ciascuna”.  Se questo è quanto prevede la norma, proseguono i sindaci nel loro ragionamento, la realtà è ben diversa visto che “sul territorio provinciale non sono mai state attivate strutture governative di prima accoglienza … perciò  non si può parlare di temporanea indisponibilità di posti che di fatto non esistono” e, infine,  rilevano che le “strutture educative attualmente utilizzate dagli enti locali, che accolgono anche minori stranieri non accompagnati, sono sature e prive di disponibilità ad accogliere”.

E che i sindaci ci abbiano visto giusto e abbiano, nel caso sollevato, pienamente ragione è confermato dall’immediata risposta arrivata dai prefetti del territorio regionale che hanno bandito un avviso pubblico (uno per provincia) per ricercare entro metà mese una struttura ed un gestore per attivare un centro di prima accoglienza da dedicare specificatamente ai minori non accompagnati, nel numero massimo di 50 posti per ciascun centro. Anche se la risposta è arrivata oltre il novantesimo minuto, è certamente parziale e copre un periodo limitato fino a fine anno, verrebbe da dire che lo Stato, al dunque, si è mosso e che un segnale, dopo mesi di sterili proclami, in termini di riposta civile e dignitosa alla delicata questione è certamente arrivato.

Alla buonora, verrebbe proprio da dire! Ora, in un contesto di strategie europee che devono riguardare tutti gli stati e che non possono lasciare da soli i paesi in prima linea nell’affrontare il problema dell’immigrazione, ci aspettiamo davvero che questo tema diventi centrale nell’agenda politica nazionale e, appunto, comunitaria, trovando modi e azioni che consentano di affrontarlo non più nell’emergenza ma con un elevato livello di approfondimento e serenità: perché, e  di questo ne siamo proprio sicuri, ne va del futuro della nostra umanità!

Emme Zeta     

Parole chiave: Trieste