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Degrado in piazza Libertà, Zinnanti: "Le chiusure del sindaco aggravano la situazione, saggia la Chiesa"

 |  Redazione sport  |  Commento del giorno
Per chi non l'avesse presente lo spieghiamo subito. Quando parliamo di "finestra rotta", facciamo specifico riferimento a quella sindrome, catalogata negli anni Sessanta negli Stati Uniti e autorevolmente richiamata da Roberto Morelli qualche giorno fa sul quotidiano cittadino, in base alla quale degrado chiama degrado, per cui da una piccola trascuratezza si innesta un fenomeno emulativo, a cascata, che nel giro di qualche ora rende un delizioso sito urbano in uno squallido immondezzaio. Insomma, il cattivo esempio ci mette un attimo a farsi strada e, addirittura, sembra dare il là ad una sorta di gara tra le persone a chi si rende protagonista delle peggiori nefandezze ed anche di atti di vero e proprio teppismo.
Il concetto è chiaro e si applica, senza colpo ferire, a tutto il sistema urbano di ingresso alla città: Piazza Libertà, Silos, la stazione ferroviaria, l'autostazione, il parcheggio del Silos e il vicino Porto Vecchio: uno stupendo biglietto di ingresso che "accoglie" i turisti che arrivano in città e che, come si suol dire, passano oltre, cercano altrove "lo spirito" di Trieste!
L'analisi di Morelli ci trova perfettamente d'accordo, anche e soprattutto nella parte in cui evidenzia quella che ai vertici politico-istituzionali cittadini pare essere una realtà difficile da accettare. Ovvero che se anche la presenza dei migranti sparisse di colpo, il degrado del luogo resterebbe in ogni caso, visto che oramai Piazza LIbertà e dintorni sono diventati il ricettacolo di una diffusa microcriminalità dedita alla distruzione, alla rissa, allo spaccio: attività dalle quali - tanto per essere chiari - i migranti in transito ed i richiedenti asilo hanno tutto l'interesse a tenersi alla larga.
Denunciato il fenomeno, come se ne esce?
Certamente alcuni provvedimenti essenziali  e che sono in corso (senza peraltro ottenere risultati definitivi) vanno proseguiti. Il riferimento è alla costante e quotidiana pulizia del sito e alla presenza costante delle forze dell'ordine (meglio se in divisa e con periodici sopralluoghi a piedi direttamente in piazza e nelle altre zone più delicate). E poi? Nell'attesa di un piano complessivo di riconversione del sito che veda pubblico e privato lavorare insieme nella ricerca di soluzioni che facciano del decoro urbano e del rispetto delle basilari regole della convivenza civile la loro stella polare, possiamo solo evidenziare cosa, a nostro avviso, non va fatto, pena il rischio di aggravare ancor più il degrado di tutta l'area e cosa, invece, si potrebbe fare per risalire un po' la china.
Nella graduatoria del "non fare" svetta il Comune di Trieste ed il suo beneamato sindaco la cui unica preoccupazione è solo chiudere, mettere recinti e lucchetti: oggi l'ultima frontiera è il sottopasso di piazza LIbertà, che, da quello che si intuisce, verrà chiuso e "tombato" già al livello della piazza, onde evitare qualsiasi uso (anche i più degradanti, che vanno evitati e su questo siamo, ovviamente, d'accordo) anche dei gradini interni. Altro? Null'altro: niente servizi igienici, ma neanche (e ci mancherebbe) una bella recinzione di tutta la piazza perché "semplicemente si sposterebbero altrove".  E le forze dell'ordine che dicono? Silenti.  Oltre alla prosecuzione del presidio armato della piazza, anche dalla recente riunione del Comitato per l'Ordine e la Sicurezza non è scaturito nulla. O meglio sono saltati fuori due ordini  di problemi. Il primo riguarda l'ex ostello scout di Campo Sacro che continua ad essere a "capacità ridotta" sia per i noti problemi legati alla mancanza del sistema fognario sia per l'inadeguatezza, causa Bora, dei moduli abitativi prestati dall'Unhcr ma che, a detta dei Vigili del Fuoco, sono inadatti ad essere resistenti al vento. Il secondo riguarda i numeri bassi dei richiedenti asilo che si fanno trasferire in altri siti. Infatti, qui da noi arrivano in maggioranza i cosiddetti "transitanti" ovvero coloro che non intendono fermarsi né a Trieste, né in Italia ma vogliono proseguire verso altre destinazioni europee e quindi non hanno alcun interesse né ad essere inseriti nel circuito dell'accoglienza, né ad essere identificati. In definitiva, si tratta di quelle persone che si fermano qui solo per qualche notte e poi proseguono verso altre destinazioni europee per raggiungere parenti ed amici già inseriti in altre realtà. Ecco allora che insistere, come fa soprattutto il Borgomastro, sulla politica dei trasferimenti per risolvere il problema di Piazza Libertà pare davvero irrealistico e demagogico.  E allora che fare?  Anche in questo caso senza avere la pretesa di avere la bacchetta magica per risolvere il complesso fenomeno, non resta che affidarci alle sagge parole del vescovo Enrico Trevisi che, innanzitutto, invita "a mettersi tutti intorno a un tavolo per cercare una soluzione" ma nel contempo afferma, in perfetta "sintonia" col sindaco "riaprire il sottopasso è una questione di civiltà e riposizionare i servizi igienici". Posto che Dipiazza non ci pensa nemmeno a riaprire, ma semmai a chiudere ancora di più, cosa propone il vescovo? "Una soluzione come Chiesa, da soli, non riusciamo a darla" dice il vescovo che incoraggia a costituire "un tavolo per trovare una proposta, cercando di capire che tutti vogliamo il bene comune, il bene della città, che è il bene delle persone che hanno la residenza a Trieste ma anche di quante vi transitano". Oltre alle belle parole, al tavolo il vescovo, in sintonia con la Caritas, ha intenzione di portare da subito qualche proposta concreta prendendo spunto dal dormitorio per migranti aperto da poco nella parrocchia di via Sant'Anastasio. Il tema è quello di dare un ricovero transitorio e decoroso ai migranti di passaggio e su questo tema verrà avviata da subito una stretta interlocuzione con Ferrovie dello Stato per chiedere di mantenere aperte durante la notte le porte della cappella di San Raffaele Arcangelo all'interno della stazione. Ovviamente, niente di risolutivo ma pur sempre la dimostrazione concreta di una cura e di un interesse per il prossimo che latita, profondamente, in questo angolo di Nord Est. Un po' di civiltà ed un po' di rispetto per il prossimo che si affaccia a Trieste: questa, a nostro avviso, una buona base di partenza per riparare quella finestra e per ritrovare nelle nostre strade e nei nostri giardini il gusto di una camminata all'aria aperta in un ambiente pulito ed ordinato. Si può fare, se lo si vuole veramente!
 
Mauro Zinnanti