L'ovovia tiene ancora banco, Emme Zeta: "Addio ai 60 milioni di un'opera inutile e dannosa?"
Non so voi, ma personalmente sono rimasto un po’ confuso dal continuo accavallarsi di notizie e polemiche sull’ovovia che hanno riempito le cronache cittadine nelle scorse settimane. Come sono abituato a fare di fronte a situazioni come questa, la prima esigenza che mi prende (e che spero sia condivisa da quei quattro coraggiosi che ancora mi leggono) è quella di cercare di fare un po’ di chiarezza, ricostruendo gli ultimi passaggi di una vicenda complessa e rispetto alla quale i vari attori in campo, con il loro continuo agitarsi, contribuiscono ad elevare una spessa cortina di fumo che rende davvero difficile capire a che punto siamo della partita e verso quale esito ci si stia avviando.
Partiamo da alcuni puntuali dati di fatto. Due sono i percorsi procedurali tuttora aperti e che si frappongono all’apertura dei cantieri di un’opera che, sulla base dell’ultima proroga concessa dalla Commissione europea, deve essere rendicontata entro il prossimo 31 dicembre 2026 (sempre se non adiamo errati, visto il bailamme di scadenze che si sono rincorse sui media). Il primo riguarda il progetto definitivo che la Leitner dovrebbe aver consegnato al Comune entro lo scorso 16 novembre (e qui usiamo volutamente il condizionale perché non ci risulta in proposito alcuna comunicazione ufficiale da parte del Municipio!). Ebbene su questo progetto si è già espresso favorevolmente il Commissario agli usi civici che, nonostante il parere contrario del Commissario unico per gli usi civici di Opicina (per il quale la richiesta modifica della destinazione d’uso dei terreni interessati dalla cabinovia ne comporterebbe un “impoverimento di valore”), si è dichiarato favorevole alla realizzazione dell’opera per il “basso grado di impatto dell’intervento sia in termini di superfici occupate (2,83 % del terreno interessato dall’opera…), sia per quanto concerne il godimento funzionale dei terreni”.
Quindi sotto questo profilo, legittima la soddisfazione per il “punto” portato a casa dalla Giunta municipale. Non pervenuti o, almeno, non conosciuti al momento, ulteriori pareri sul progetto. La seconda procedura aperta riguarda l’approvazione della variante urbanistica al Piano regolatore generale del Comune di Trieste per l’inserimento del tracciato negli strumenti pianificatori comunali. Tra l’altro, sia detto per maggiore chiarezza soprattutto nei confronti di chi non è esperto della materia, è evidente che se la variante per qualunque motivo non venisse approvata, non si potrebbe approvare neppure il progetto dell’opera che, dunque, non potrebbe mai essere realizzata.
Per quanto riguarda lo strumento urbanistico nebbia fitta. L’unico documento ufficiale pubblicato è il provvedimento n. 47109/2023 del Direttore Servizio valutazioni ambientali che, ritenuto che il piano ”così come proposto, comportando incidenze negative significative sugli elementi faunistici e vegetazionali/ecosistemici che caratterizzano i siti (NdR: per siti si intendono quelli attraversati dalla cabinovia) nella loro peculiarità, non può essere considerato compatibile con gli obiettivi di conservazione dei siti in argomento”, decreta “di valutare negativamente….la variante al Piano regolatore Generale comunale.. denominata “Accesso nord, mobilità sistematica e turistica”. Sempre per amor di chiarezza, va ulteriormente precisato che il decreto richiamato chiude la cosiddetta Valutazione di incidenza appropriata (di livello II) e che la partita in proposito (che va in ogni caso definita prima della chiusura della procedura complessiva di Valutazione ambientale sul medesimo piano) prevede la possibilità di un “secondo tempo”. Infatti, è facoltà del proponente ovvero il Comune, “salire di livello” richiedendo una valutazione sulle “compensazioni ambientali” che lo stesso si è impegnato ad elaborare e sottoporre al competente ministero ma sulle quali, al momento, nulla è dato sapere. Dunque due sono i procedimenti, tuttora non conclusi e strettamente connessi tra di loro con la chiara evidenza che, come già rilevato, se cade lo strumento urbanistico, non è approvabile neppure il progetto dell’opera. Detto questo, va dato atto alle forze di opposizione e al Comitato No Ovovia di avere nel tempo cercato di diradare le ombre e di fare un po’ di chiarezza sulle varie tappe dell’iter. Ultima, in ordine di tempo ma non di importanza, la recente “rivelazione” del consigliere del Pd Francesco Russo che ha reso pubblici i pareri espressi a settembre dello scorso anno sul progetto preliminare (richiesti più volte e vanamente agli uffici e poi comunque acquisiti) dalla Soprintendenza regionale e poi fatti propri dal Comitato tecnico-scientifico alla Belle arti e al Paesaggio del ministero della Cultura dai quali, in buona sostanza, emerge chiaramente la contrarietà dei tecnici alla tratta in Porto vecchio in quanto si ritiene che “la tratta da Bovedo a Molo IV non possa essere realizzata con le modalità proposte con piloni, cabine e stazioni in quanto in contrasto con i dispositivi di tutela ..e gravemente lesiva dei valori culturali del compendio di archeologia industriale”. L’alternativa potrebbe essere assicurata “sviluppando e potenziando il collegamento terrestre – comunque previsto – a mezzo tram, metropolitana leggera, veicoli tradizionali su gomma, anche se possibile sfruttando reti su ferro già esistenti…”
E come ti replica il Borgomastro? Con stizza e fastidio! Innanzitutto, parlando di pareri superati dal progetto definitivo e che “al più, potrebbero creare imbarazzo solo alla Soprintendenza per i pareri contradditori e contrastanti che emergono dalla relazione dei Comitati consultivi. Comitati composti anche da persone, nominate dal già ministro del Pd Franceschini, che non perdono occasione per attaccare il Governo e che ora sembrano essere papabili candidati sindaco a Firenze contro il centrodestra (NdR: ogni riferimento allo storico dell’arte Montanari non è casuale)”. In definitiva, Dipiazza, evidentemente messo sotto pressione dalle continue critiche dell’opposizione e del Comitato, ha perso decisamente le staffe e la butta in caciara dichiarando che, a suo avviso, i tecnici del ministero della Cultura non avrebbero alcuna competenza per dire alcunché né “su trasporto pubblico e mobilità”, né, tantomeno, sugli “effetti del vento”.
Ah sì, dimenticavamo, lui sì che è un notorio esperto di queste materie! Comunque sia, a nostro modesto parere, siamo molto vicino alla fine, in un senso o nell’altro, di questa incredibile vicenda, finale che vorremmo fosse approcciato tenendo bene a mente le chiare parole formulate sull’argomento, da un lato, dal presidente Fedriga e, dall’altro, dall’ex ministro piddino delle Infrastrutture e dei Trasporti De Micheli. Partiamo dal ragionamento di Fedriga, sfrondandolo un po’ dalla vis polemica che l’ha spinto a intervenire: ”penso che ci siano gli organismi preposti, per cui la politica non deve intromettersi, perché una cosa è la scelta politica e una cosa è la fattibilità tecnica, su cui devono esprimersi i tecnici….la Soprintendenza fa le valutazioni tecniche..”
Parole da sottoscrivere al cento per cento e chissà se al Borgomastro sono fischiate le orecchie, ricordando la sua famosa “calata” a Roma con l’obiettivo di “raddrizzare” la schiena a qualche funzionario troppo zelante. Temiamo proprio di no, viste le sconclusionate reazioni alle rivelazioni del consigliere Russo, ma, si sa , la speranza è l’ultima a morire.
Chiudiamo, infine, richiamando le considerazioni, decisamente ragionevoli, della De Micheli “se si vuole, si può: l’amministrazione comunale di Trieste deve ascoltare il territorio, tenendo conto che il ministero, tecnicamente, di fronte all’esigenza di modificare il progetto perché ..non accettato da una larga parte dei cittadini, è nelle condizioni di generare la possibilità di fare un’altra opera”, addirittura, rispettando i crismi e le scadenze del Pnrr e ricollocando lo stesso finanziamento già destinato alla cabinovia. Insomma, a fronte di tutte le perplessità tecniche (per non parlare di quelle inerenti la sostenibilità economica) suscitate dall’opera e supportate da una petizione da presentare alla Commissione europea e sottoscritta ad oggi da diecimila cittadini (NdR: non proprio quattro gatti!) con la finalità di chiedere che la cabinovia non usufruisca dei fondi del Pnrr “perché non rispetta i requisiti di sostenibilità ambientale”, è tuttora possibile, nelle parole della De Micheli, che il Comune cambi rotta, indirizzando il finanziamento comunitario su altre forme di mobilità più compatibili con i valori e i vincoli ambientali del Porto vecchio quali “il tram, la metropolitana leggera, veicoli elettrici”.
Chissà se una luce si aprirà dalle parti di Palazzo Cheba, altrimenti il rischio concreto è che qualcuno, politicamente, finirà per farsi molto male e che la città perda un finanziamento pubblico di oltre 60 milioni di euro pervicacemente finalizzato ad un opera inutile, dannosa per l’ambiente ed insostenibile finanziariamente.
Emme Zeta